20 aprile 2023 - “La cripta dei Cappuccini” di Joseph Roth
Titolo: La cripta dei Cappuccini
Autore: Joseph Roth
Anno di prima pubblicazione: 1938
Pagine: 196
In breve
La vita del giovane Trotta, rampollo di una famiglia viennese divenuta nobile grazie al gesto eroico di un prozio che salvò la vita all’imperatore Francesco Giuseppe, trascorre senza alcuna preoccupazione se non quella di sperperare soldi e perdere tempo in compagnia di amici sfaccendati. Finché l’esperienza della guerra e della prigionia darà inizio a una lunga sequenza di disgrazie che, malgrado il matrimonio con la bella Elizabeth, segneranno indelebilmente gli anni della maturità di Trotta. Dilapidato il patrimonio di famiglia, la situazione precipita: la madre muore, la moglie parte in cerca di fortuna come attrice, abbandonando lui e il loro figlio. A questo punto, l’unica cosa che dà al protagonista la forza di andare avanti è la sua fede nell’Impero. Un romanzo dalla portata storica e simbolica eccezionale, caratteristica di tutta l’opera di Joseph Roth, non a caso definito il più grande “cantore” della caduta dell’Impero Asburgico. (fonte newtoncompton.com)
Discussione
Diverse lettrici concordano nel sottolineare che l'atmosfera che riesce a creare il romanzo è perfetta: il racconto è pervaso da un senso di morte quasi fosse una tragedia greca e con la prima guerra mondiale la situazione peggiora vistosamente.
Per molte la scrittura è nitida e lineare, essenziale a tratti e comunque molto bella.
Il protagonista, Trotta, è uno “sdraiato”1 ante litteram: indolente, pigro, senza ideali. Per molte è un personaggio detestabile. Altre fanno notare che nel corso della narrazione si riscatta: dopo aver conosciuto il vetturino e il caldarrostaio modifica in parte la sua concezione del mondo e, in questo suo non badare troppo alla classe sociale, è in qualche modo moderno.
Rimane però uno sconfitto dalla vita, dalla Storia, non già perché la sua classe sociale ha perso tutto dopo la Prima Guerra Mondiale ma perché non sa adattarsi al mondo che nel frattempo è cambiato.
I personaggi sono tanti e tanto diversi ma tutti sono interessanti.
Qualche lettrice non si è sentita coinvolta nella storia ma ha apprezzato molto il momento storico rappresentato: la dissoluzione dell'Impero Austro-Ungarico. Dalla discussione emerge che Roth è stato capace di orchestrare la narrazione raccontando tante decadenze: in primis dell'impero, dell'aristocrazia che deve cedere il passo alla borghesia, del protagonista che rappresenta tutta la gioventù viennese, ma anche della civiltà ebraica dell'Europa orientale che a breve sarà condannata alla rovina e alla dispersione e, per finire, la decadenza dei rapporti tra uomo e donna. Una lettrice ha apprezzato molto lo sviluppo della relazione del protagonista con la madre.
La stessa lettrice fa notare che non si tratta di un romanzo storico ma di un romanzo intimistico che rispecchia la crisi esistenziale del protagonista e di un'intera generazione.
Questo concetto può essere racchiuso nel finale “Dove devo andare io un Trotta” che potrebbe anche leggersi “Dove devo andare io Joseph Roth” ma anche e più generalmente “Dove devo andare io uomo”.
Qualcuno fa notare che il romanzo è stato scritto nel 1938 e Roth morirà l'anno successivo, l'anno del “suicidio dell'Europa” come è stato definito il 1939. Non ha potuto vedere tutto quello che il nazismo ha portato con sé ma l'autore lo l'aveva già intuito. Come spesso i grandi scrittori sanno fare, Roth è stato in grado di “leggere” ed interpretare il suo tempo.
Una curiosità, Roth morirà vagabondo e ubriaco come il suo personaggio de “La leggenda del santo bevitore”.
___
1Il riferimento è al libro “Gli sdraiati” di Michele Serra letto qualche anno fa dal gruppo.
L’autore
1894, Brody (odierna Ucraina) - Giornalista e scrittore austriaco.
Cresce accanto alla madre nella casa del nonno, frequentando le scuole nella città natale. Nel 1916 si trasferisce a Vienna dove si iscrive all'università e dove pubblica i suoi primi racconti e poesie. Inizia, sempre a Vienna, l'attività di giornalista per poi svolgerla a Berlino. Nel 1925 si trasferisce a Parigi e durante questi anni scrive La ribellione (1924), Aprile. Storia di un amore (1925).
Il ritmo di vita intenso e disordinato, da una città a un'altra, e l'abuso di alcol si accentuano dopo che la moglie si ammala e viene ricoverata per una malattia nervosa. Da allora intensifica la sua attività come dimostrano i romanzi Zipper e suo padre (1928) e Giobbe. Romanzo di un uomo semplice (1930); quest'ultimo dà inizio a una serie di opere che gli danno fama anche in Italia soprattutto negli anni Settanta e Ottanta del Novecento, nel clima di ripresa e di recupero della grande letteratura mitteleuropea, specialmente ebraica. Nel 1932 esce La marcia di Radetzky, considerato il prototipo del romanzo storico-realista, con cui Roth non si limita a rievocare nostalgicamente un passato al tramonto (quello dell'Impero austro-ungarico) ma descrive la saga della sconfitta progressiva dell'uomo nella storia, a causa della decadenza degli antichi valori.
Nel 1933, prima che si diffondesse la notizia della nomina di Hitler a cancelliere, Roth lascia nuovamente Berlino per recarsi a Parigi (prima tappa del suo esilio), a Zurigo, Marsiglia e in altre città europee. Continua la sua produzione di racconti e romanzi fino al 1939, anno della sua morte avvenuta a Parigi a causa di un collasso. Scompare quindi uno scrittore che ha dato corpo alla tragedia del "piccolo uomo", austriaco o tedesco, piccolo-borghese o ebreo-orientale, tra la dissoluzione dell'Impero austro-ungarico e l'avvento di Hitler. (fonte ibs.it)
Autore: Joseph Roth
Anno di prima pubblicazione: 1938
Pagine: 196
In breve
La vita del giovane Trotta, rampollo di una famiglia viennese divenuta nobile grazie al gesto eroico di un prozio che salvò la vita all’imperatore Francesco Giuseppe, trascorre senza alcuna preoccupazione se non quella di sperperare soldi e perdere tempo in compagnia di amici sfaccendati. Finché l’esperienza della guerra e della prigionia darà inizio a una lunga sequenza di disgrazie che, malgrado il matrimonio con la bella Elizabeth, segneranno indelebilmente gli anni della maturità di Trotta. Dilapidato il patrimonio di famiglia, la situazione precipita: la madre muore, la moglie parte in cerca di fortuna come attrice, abbandonando lui e il loro figlio. A questo punto, l’unica cosa che dà al protagonista la forza di andare avanti è la sua fede nell’Impero. Un romanzo dalla portata storica e simbolica eccezionale, caratteristica di tutta l’opera di Joseph Roth, non a caso definito il più grande “cantore” della caduta dell’Impero Asburgico. (fonte newtoncompton.com)
Discussione
Diverse lettrici concordano nel sottolineare che l'atmosfera che riesce a creare il romanzo è perfetta: il racconto è pervaso da un senso di morte quasi fosse una tragedia greca e con la prima guerra mondiale la situazione peggiora vistosamente.
Per molte la scrittura è nitida e lineare, essenziale a tratti e comunque molto bella.
Il protagonista, Trotta, è uno “sdraiato”1 ante litteram: indolente, pigro, senza ideali. Per molte è un personaggio detestabile. Altre fanno notare che nel corso della narrazione si riscatta: dopo aver conosciuto il vetturino e il caldarrostaio modifica in parte la sua concezione del mondo e, in questo suo non badare troppo alla classe sociale, è in qualche modo moderno.
Rimane però uno sconfitto dalla vita, dalla Storia, non già perché la sua classe sociale ha perso tutto dopo la Prima Guerra Mondiale ma perché non sa adattarsi al mondo che nel frattempo è cambiato.
I personaggi sono tanti e tanto diversi ma tutti sono interessanti.
Qualche lettrice non si è sentita coinvolta nella storia ma ha apprezzato molto il momento storico rappresentato: la dissoluzione dell'Impero Austro-Ungarico. Dalla discussione emerge che Roth è stato capace di orchestrare la narrazione raccontando tante decadenze: in primis dell'impero, dell'aristocrazia che deve cedere il passo alla borghesia, del protagonista che rappresenta tutta la gioventù viennese, ma anche della civiltà ebraica dell'Europa orientale che a breve sarà condannata alla rovina e alla dispersione e, per finire, la decadenza dei rapporti tra uomo e donna. Una lettrice ha apprezzato molto lo sviluppo della relazione del protagonista con la madre.
La stessa lettrice fa notare che non si tratta di un romanzo storico ma di un romanzo intimistico che rispecchia la crisi esistenziale del protagonista e di un'intera generazione.
Questo concetto può essere racchiuso nel finale “Dove devo andare io un Trotta” che potrebbe anche leggersi “Dove devo andare io Joseph Roth” ma anche e più generalmente “Dove devo andare io uomo”.
Qualcuno fa notare che il romanzo è stato scritto nel 1938 e Roth morirà l'anno successivo, l'anno del “suicidio dell'Europa” come è stato definito il 1939. Non ha potuto vedere tutto quello che il nazismo ha portato con sé ma l'autore lo l'aveva già intuito. Come spesso i grandi scrittori sanno fare, Roth è stato in grado di “leggere” ed interpretare il suo tempo.
Una curiosità, Roth morirà vagabondo e ubriaco come il suo personaggio de “La leggenda del santo bevitore”.
___
1Il riferimento è al libro “Gli sdraiati” di Michele Serra letto qualche anno fa dal gruppo.
L’autore
1894, Brody (odierna Ucraina) - Giornalista e scrittore austriaco.
Cresce accanto alla madre nella casa del nonno, frequentando le scuole nella città natale. Nel 1916 si trasferisce a Vienna dove si iscrive all'università e dove pubblica i suoi primi racconti e poesie. Inizia, sempre a Vienna, l'attività di giornalista per poi svolgerla a Berlino. Nel 1925 si trasferisce a Parigi e durante questi anni scrive La ribellione (1924), Aprile. Storia di un amore (1925).
Il ritmo di vita intenso e disordinato, da una città a un'altra, e l'abuso di alcol si accentuano dopo che la moglie si ammala e viene ricoverata per una malattia nervosa. Da allora intensifica la sua attività come dimostrano i romanzi Zipper e suo padre (1928) e Giobbe. Romanzo di un uomo semplice (1930); quest'ultimo dà inizio a una serie di opere che gli danno fama anche in Italia soprattutto negli anni Settanta e Ottanta del Novecento, nel clima di ripresa e di recupero della grande letteratura mitteleuropea, specialmente ebraica. Nel 1932 esce La marcia di Radetzky, considerato il prototipo del romanzo storico-realista, con cui Roth non si limita a rievocare nostalgicamente un passato al tramonto (quello dell'Impero austro-ungarico) ma descrive la saga della sconfitta progressiva dell'uomo nella storia, a causa della decadenza degli antichi valori.
Nel 1933, prima che si diffondesse la notizia della nomina di Hitler a cancelliere, Roth lascia nuovamente Berlino per recarsi a Parigi (prima tappa del suo esilio), a Zurigo, Marsiglia e in altre città europee. Continua la sua produzione di racconti e romanzi fino al 1939, anno della sua morte avvenuta a Parigi a causa di un collasso. Scompare quindi uno scrittore che ha dato corpo alla tragedia del "piccolo uomo", austriaco o tedesco, piccolo-borghese o ebreo-orientale, tra la dissoluzione dell'Impero austro-ungarico e l'avvento di Hitler. (fonte ibs.it)