24 gennaio 2019 – “La masseria delle allodole” di Antonia Arslan
Titolo: La masseria delle allodole
Autore: Antonia Arslan
Anno di prima pubblicazione: 2004
Pagine: 233
In breve
Con uno stile elegante e sapiente, Antonia Arslan ci porta in quella che oggi è l’attuale Turchia, raccontandone le atrocità degli avvenimenti che hanno distrutto la sua famiglia d’origine durante i rastrellamenti armeni avvenuti ai tempi della prima guerra mondiale. La trama salpa dolcemente, dapprima con toni fiabeschi, narrando le vicende della famiglia della piccola Antonia e di quelle terre tanto feconde quanto lontane. Si approda poi alla cosiddetta masseria delle allodole, ovvero una bellissima tenuta di campagna nei pressi di alcune cascate, dove fervono i preparativi riservati all’accoglienza per la famiglia di Yerwant, il fratello maggiore di Sempad, che ha lasciato da giovane la città natale per andare a studiare nel collegio armeno di Venezia. Tuttavia i tempi non sono favorevoli: la grande guerra scoppia, l’Italia chiude le frontiere e il partito dei Giovani Turchi insegue il mito di una Grande Turchia in cui non c’è spazio per le minoranze etniche. Qui tutto precipita vorticosamente e Yerwant non raggiungerà mai il fratello lontano. Il profumo di gelsomino che inebriava l’aria delle colline verrà soppiantato da quello sanguinolento delle macerie e dell’orrore. Gli uomini armeni fucilati e sgozzati; le donne ed i bambini ammassati in carovane e costretti ad una lunga ed estenuante marcia verso lontani campi di prigionia.
Discussione
Tutte le lettrici hanno apprezzato il romanzo, una sola non è riuscita a leggerlo perché la tematica era troppo forte.
Il libro è volutamente diviso in due parti per evidenziare un prima gioioso, allegro e forse anche ingenuo e un dopo drammatico e terribilmente crudele.
L’autrice conduce il lettore dentro la storia, tanto che non si riesce a smettere di leggere, con descrizioni poetiche dei luoghi e dei paesaggi che si contrappongono all'atrocità della strage che viene raccontata.
Nonostante la tematica drammatica, la morte dei singoli protagonisti risulta al lettore quasi poetica.
Di ogni personaggio si percepisce l’ansia anche dietro un’apparente allegria, e ognuno viene descritto preparando continuamente il lettore alla fine che farà.
E’ parere unanime del gruppo che si tratti di un romanzo che vale la pena leggere, qualcuno lo aveva già letto e rileggendolo lo ha apprezzato ancora di più. Va letto perché è un libro che attraverso la storia di una famiglia, quella dell’autrice, racconta anche la storia di un popolo e di un’epoca buia, e va letto perché fa riflettere: è inevitabile il parallelo con l’olocausto e gli attuali naufragi nel Mediterraneo e con tutto ciò che di terribilmente simile ha compiuto l’essere umano. Ci si lascia con una domanda: ma quanti olocausti ci sono stati? Armeni, Curdi, Ebrei, Indiani d’America, e quanti ancora sono in atto? Rimane il senso di impotenza e rabbia di fronte ad una cattiveria umana che sembra non avere mai fine.
L’autrice
Antonia Arslan (Padova, 1938) è una scrittrice, traduttrice e accademica italiana con origini armene.
Docente di letteratura italiana moderna e contemporanea presso l’Università di Padova, pionieristica studiosa di letteratura femminile italiana, nell’aprile del 2004 dà alle stampe per la Rizzoli il suo primo romanzo – La masseria delle allodole – che ottiene in pochissimo tempo un vasto consenso di pubblico e di critica. L’opera s’inserisce in maniera emblematica nel suo lungo percorso di ri-appropriazione delle proprie origini armene, iniziato nel 1992 con la prima traduzione completa italiana per i tipi della Guerini e Associati di Milano de Il canto del pane del poeta armeno Daniel Varujan, il capofila di un’intera generazione di intellettuali che cade tra le prime vittime del genocidio, proprio nella notte del 24 aprile 1915, a Costantinopoli. Negli anni seguenti la sua collaborazione sempre più fitta con la stessa casa editrice ha garantito fino ad oggi un significativo incremento dei documenti disponibili in Italia relativi alla cultura e al destino di questo popolo; ricordiamo in particolare la preziosa traduzione dal francese della Breve storia del genocidio armeno di Claude Mutafian nel 1996, cui seguì il volume Hushér, La Memoria, nel quale, con Laura Pisanello, Antonia Arslan raccolse le testimonianze degli ultimi e ormai molto anziani sopravvissuti armeni rifugiatisi in Italia. Nel 2002, assieme a Boghos Levon Zekiyan, cura l’edizione italiana della Storia degli Armeni di Gérard Dédéyan e nel 2003 quella della Storia del Genocidio Armeno di Vahakn Dadrian.
Premi e riconoscimenti
Finalista del premio Campiello e vincitore del premio Stresa di Narrativa nel 2004.
Autore: Antonia Arslan
Anno di prima pubblicazione: 2004
Pagine: 233
In breve
Con uno stile elegante e sapiente, Antonia Arslan ci porta in quella che oggi è l’attuale Turchia, raccontandone le atrocità degli avvenimenti che hanno distrutto la sua famiglia d’origine durante i rastrellamenti armeni avvenuti ai tempi della prima guerra mondiale. La trama salpa dolcemente, dapprima con toni fiabeschi, narrando le vicende della famiglia della piccola Antonia e di quelle terre tanto feconde quanto lontane. Si approda poi alla cosiddetta masseria delle allodole, ovvero una bellissima tenuta di campagna nei pressi di alcune cascate, dove fervono i preparativi riservati all’accoglienza per la famiglia di Yerwant, il fratello maggiore di Sempad, che ha lasciato da giovane la città natale per andare a studiare nel collegio armeno di Venezia. Tuttavia i tempi non sono favorevoli: la grande guerra scoppia, l’Italia chiude le frontiere e il partito dei Giovani Turchi insegue il mito di una Grande Turchia in cui non c’è spazio per le minoranze etniche. Qui tutto precipita vorticosamente e Yerwant non raggiungerà mai il fratello lontano. Il profumo di gelsomino che inebriava l’aria delle colline verrà soppiantato da quello sanguinolento delle macerie e dell’orrore. Gli uomini armeni fucilati e sgozzati; le donne ed i bambini ammassati in carovane e costretti ad una lunga ed estenuante marcia verso lontani campi di prigionia.
Discussione
Tutte le lettrici hanno apprezzato il romanzo, una sola non è riuscita a leggerlo perché la tematica era troppo forte.
Il libro è volutamente diviso in due parti per evidenziare un prima gioioso, allegro e forse anche ingenuo e un dopo drammatico e terribilmente crudele.
L’autrice conduce il lettore dentro la storia, tanto che non si riesce a smettere di leggere, con descrizioni poetiche dei luoghi e dei paesaggi che si contrappongono all'atrocità della strage che viene raccontata.
Nonostante la tematica drammatica, la morte dei singoli protagonisti risulta al lettore quasi poetica.
Di ogni personaggio si percepisce l’ansia anche dietro un’apparente allegria, e ognuno viene descritto preparando continuamente il lettore alla fine che farà.
E’ parere unanime del gruppo che si tratti di un romanzo che vale la pena leggere, qualcuno lo aveva già letto e rileggendolo lo ha apprezzato ancora di più. Va letto perché è un libro che attraverso la storia di una famiglia, quella dell’autrice, racconta anche la storia di un popolo e di un’epoca buia, e va letto perché fa riflettere: è inevitabile il parallelo con l’olocausto e gli attuali naufragi nel Mediterraneo e con tutto ciò che di terribilmente simile ha compiuto l’essere umano. Ci si lascia con una domanda: ma quanti olocausti ci sono stati? Armeni, Curdi, Ebrei, Indiani d’America, e quanti ancora sono in atto? Rimane il senso di impotenza e rabbia di fronte ad una cattiveria umana che sembra non avere mai fine.
L’autrice
Antonia Arslan (Padova, 1938) è una scrittrice, traduttrice e accademica italiana con origini armene.
Docente di letteratura italiana moderna e contemporanea presso l’Università di Padova, pionieristica studiosa di letteratura femminile italiana, nell’aprile del 2004 dà alle stampe per la Rizzoli il suo primo romanzo – La masseria delle allodole – che ottiene in pochissimo tempo un vasto consenso di pubblico e di critica. L’opera s’inserisce in maniera emblematica nel suo lungo percorso di ri-appropriazione delle proprie origini armene, iniziato nel 1992 con la prima traduzione completa italiana per i tipi della Guerini e Associati di Milano de Il canto del pane del poeta armeno Daniel Varujan, il capofila di un’intera generazione di intellettuali che cade tra le prime vittime del genocidio, proprio nella notte del 24 aprile 1915, a Costantinopoli. Negli anni seguenti la sua collaborazione sempre più fitta con la stessa casa editrice ha garantito fino ad oggi un significativo incremento dei documenti disponibili in Italia relativi alla cultura e al destino di questo popolo; ricordiamo in particolare la preziosa traduzione dal francese della Breve storia del genocidio armeno di Claude Mutafian nel 1996, cui seguì il volume Hushér, La Memoria, nel quale, con Laura Pisanello, Antonia Arslan raccolse le testimonianze degli ultimi e ormai molto anziani sopravvissuti armeni rifugiatisi in Italia. Nel 2002, assieme a Boghos Levon Zekiyan, cura l’edizione italiana della Storia degli Armeni di Gérard Dédéyan e nel 2003 quella della Storia del Genocidio Armeno di Vahakn Dadrian.
Premi e riconoscimenti
Finalista del premio Campiello e vincitore del premio Stresa di Narrativa nel 2004.